Cratere
Questa è una storia che ha a che fare con la vita e non con il sociale.
Riguarda la nostra disponibilità a farci attraversare, fisicamente ed emotivamente, dalla vita. La vita come qualcosa che riguarda ogni forma esistente, organica e inorganica, senza distinzione.
Il coinvolgimento – se vissuto – non si pone come misura della distanza da questi luoghi e da queste vite: va riportato alla propria responsabilità più prossima, al proprio metro quadro, ai luoghi che ognuno di noi chiama «casa».
Una casa con le sue soglie e la sua funzione di rifugio.
In questa ricerca non c’è spazio per una denuncia politica a istituzioni che non si curano minimamente di questi fenomeni. Il fulcro di questa storia che ci riguarda tutti, indistintamente, risiede nell’esplorazione del concetto di «abitare».
L’unica cosa che ha senso chiedersi è: cosa possiamo fare.
Se una rivoluzione è possibile, questa deve partire da una presa di coscienza personale, dalla presa in carico delle responsabilità che sono intimamente nostre.
Non bisogna avere nessuna paura della propria capacità di emozionarsi. Siamo sempre immersi in flussi di vita che ci attraversano e che attraversiamo, nessuno è immune: demolire le proprie strutture mentali è cruciale per far sì che la nostra soglia non si fermi sulla porta di casa ma si estenda, permettendoci di incontrare e vivere ogni alterità.
Fuori dalla propria soglia è possibile cercare e incontrare l’Altro, porsi all’altro.
Riedificare le fondamenta invisibili che costituiscono la comunità come una dimora: simbologie, riti, sentimenti.
Il collasso cognitivo ed emotivo che stiamo vivendo ci impedisce di incontrare, di riconoscere quasi tutto il reale che ci investe, ci riguarda e ci condiziona. Fraintendiamo amori, passioni e dolori, relegandoli a immagini effimere fatte di consecuzioni vacue, di immediatezze presunte.
Un cratere su Marte porta il nome della città di Crotone.
Un cratere: l’impronta che resta dell’impatto di un corpo contro una superficie.
Marte ha rappresentato – almeno fino a poco tempo fa – il perfetto cliché del pianeta alieno con tanto di omini colorati, i ‘marziani’. E l’alieno è l’altro.
Crotone porta in sé dei corpi vivi, integri, che da alieni sono giunti in questo luogo con il sogno, apparentemente semplice, di tornare a essere persone. Di essere viste come persone. La possibilità di realizzare questo sogno sembra oggi più difficile dell’idea di andare a esplorare quel cratere, su di un pianeta lontano, che si chiama Crotone.
Torniamo allora alla domanda, l’unica che possiamo porre a noi stessi: cosa possiamo fare? Come imparare a costruire? Solo ascoltando l’insegnamento del grande Altro, ovvero di tutte quelle alterità troppo spesso ignorate.
Mi è stata offerta un’opportunità: fotografare una realtà molto particolare, fatta di persone in difficoltà, di bisogni primari mancati, di mutuo soccorso, fatta sia di persone che porgono la mano verso chi ne ha bisogno, pur non avendo nulla essi stessi, mentre altre ancora traggono benefici personali, sfruttando queste circostanze di vita precarie. Sono stato lì, cercando di farmi attraversare da queste vite, dai luoghi. Ho provato a guardare con cuore semplice.
Le baracche sotto al ponte, all’ingresso di Crotone, vedono da qualche tempo le loro serate illuminate dalla luce; luci che funzionano grazie a dei piccoli pannelli solari. Queste luci sono diventate un simbolo per me. Per ironia della sorte sono stato sfrattato da casa mia proprio mentre stavo tornando da questo viaggio. Ho dovuto traslocare rapidamente in una nuova casa, senza luce e senza acqua; e lì ho adottato la stessa soluzione appresa nelle baracche per illuminare le mie notti. Sono stato costretto a risignificare il mio concetto di abitare, a rielaborarlo emotivamente e a cercare una soluzione che mi permettesse di mantenere la calma e le energie necessarie per preparare proprio questo lavoro.
Il personale è tutto se lasciamo andare lo specchio e diveniamo reti.
Questo lavoro è stato commissionato dal Ragusa Foto Festival all'interno del Progetto Presidio Caritas per la mostra della decima edizione del festival dal, 21 luglio al 28 agosto 2022, allestita con una installazione sonora dal titolo "La casa è un tempo" di Gianluca Cangemi (SANDRA BOX).
Ringrazio la fondatrice del festival Stefania Paxhia e il direttore artistico Steve Bisson per l'opportunità offertami e ringrazio Ramzi Lambidi, Cristina Boca e tutti gli operatori della Caritas che mi hanno accolto e incontrato con la loro umanità, permettendomi di realizzare questo corpo fotografico a Crotone.